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Il Larice, la conifera che si spoglia per affrontare l'inverno.

di Antonella Impellizzieri


Larix decidua, dall’aroma gradevole (dal greco λᾶρός láros gradevole, riferito all'aroma) e dalle foglie caduche (da de e cado, cadere giù, a terra), è una delle poche conifere che perdono gli aghi per affrontare i rigori dell’inverno.

Oltre ad essere una pianta molto profumata vanta altre caratteristiche che la rendono davvero unica.



Una su tutte, la gamma di colori che ci regala durante il suo ciclo vegetativo: in primavera entra in punta di piedi con le sue gemme dal colore verde chiarissimo, in estate si carica di un bel verde intenso ed infine, in autunno ci regala la sua veste migliore, trasformandosi in una pianta gioiosa.

Dapprima, verso la fine dell’estate, si colora di un giallo che si fa via via sempre più brillante, per poi virare verso l’arancione, fino a perdere le foglie in tempo per le prime nevicate.

Protagonista indiscusso dei migliori foliages il Larice riesce a regalarci paesaggi spettacolari, sia nelle giornate di sole, quando il giallo oro si pone in contrasto con i cieli azzurri dell’autunno, sia nelle giornate uggiose, quando l’intensità del suo colore ha la potenza di un fanale che rischiara l’atmosfera.



Spesso questa conifera viene confusa con l'abete, per via del portamento dritto, della sagoma conica a palchi e della coesistenza nei medesimi ambienti. Tuttavia uno sguardo leggermente più attento permette di distinguerli, sia per il colore della chioma che nell’abete è verde più scuro, sia per la forma dei frutti, che nell’abete sono pigne oblunghe dalle squame compatte. Infine, gli aghi nell'abete sono attaccati singolarmente al ramo, mentre nel larice sono distribuiti in piccoli gruppi disposti a spirale intorno ad esso.


Il fusto eretto ed elegante, insieme alla resistenza all’umidità, rende il suo legno molto apprezzato in falegnameria e in carpenteria. Inoltre, a contatto con l'acqua, questo legno diventa isolante, elastico e resistente, tanto da essere utilizzato per realizzazione in esterni e per parti immerse.

Vitruvio, cita nei suoi scritti una leggenda in base alla quale il legno di larice non sarebbe combustibile. Questa leggenda è rimasta in vita fino al Medioevo.

Il larice non è utilizzato a livello industriale solo per la produzione del legno, ma anche per la trementina, estratta dalla sua resina, dalla quale si ricavano olii essenziali e per il tannino, estratto dalla sua corteccia, una sostanza utilizzata per la concia delle pelli e per la colorazione della carta.

I lariceti svolgono l’importantissima funzione di protezione nei confronti dei boschi poiché grazie alla profondità e alla dimensione delle loro radici, alla rapida crescita e al tronco robusto, riescono a trattenere bene il terreno, e a fronteggiare così smottamenti e valanghe.




Il larice è una specie pioniera, come la betulla (v. l'articolo sul nostro blog), perché cresce laddove il bosco non è ancora sviluppato, fino a 2500 m di altitudine (piano subalpino), e resiste alla siccità e alle intemperie. A quote più basse predilige i versanti a nord, mentre in alta montagna è presente sui due versanti.


Considerato simbolo della rinascita, della luce e della tenacia, per la sua longevità, vanta l’esistenza di esemplari secolari, alcuni di oltre 800 anni.

Oltre alla capacità di affrontare con maggiore resistenza di altre specie i rigori stagionali, grazie alla quale può sopravvivere a temperature estreme, ha un’ottima resistenza all’aggressione degli insetti (afidi, cocciniglie, larve, acari).

Esiste tuttavia una farfalla, la Tortrice del larice, che ciclicamente, in maniera regolare ogni 8-10 anni, ne attacca le chiome provocando una colorazione rosso brunastra in estate. Sebbene la Tortrice causi regolarmente danni da rosura, non è considerata un vero e proprio organismo dannoso. I larici colpiti germogliano di nuovo e sopravvivono bene alle regolari infestazioni.



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