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  • Laura

“...gli erti cipressi, guglie di basalto...”


“di Antonella Impellizzieri



“...gli erti cipressi, guglie di basalto...” li descriveva Giovanni Pascoli nelle Myricae (1891), evidenziando sia il caratteristico colore scuro del fogliame, sia l'inequivocabile fisionomia.

Cupressus sempervirens è una pianta che fiorisce a febbraio marzo, alcune varietà anche fino a maggio. Nonostante la fama di regina dei cimiteri si distingue per numerose qualità e vanta storia e tradizione ricchissime. Configurandosi come un albero straordinariamente bello ed elegante veniva inserito già nei giardini dei leggendari palazzi persiani, egizi ed ateniesi. Ebbe origine nel Mediterraneo orientale e venne importato in Italia da Fenici e Greci e in Toscana dagli Etruschi.

Durante una recente passeggiata per le stradine del Cimitero Monumentale a Milano - passeggiata che consiglio di fare almeno una volta, in totale solitudine, abbandonandosi all’hic et nunc - con stupore mi sono resa conto di un'assenza importante: accanto ad ordinatissimi filari di Tigli, a conifere profumate e brillanti sempreverdi, a collezioni di Cedri maestosi e altri alberi particolari, non primeggiano i Cipressi.

Le piante simbolo dei cimiteri non rientrano tra le essenze suggerite da Carlo Maciachini quando progettò il Monumentale durante la metà del XIX secolo. Forse non gli piacevano o forse ha voluto osare, prendendo spunto dai parchi cimitero francesi, con essenze rare ed esotiche caratterizzate da una certa longevità. Il risultato, dopo più di un secolo e mezzo è quello di uno spazio di contemplazione immerso in una splendida cornice naturalistica.

In realtà vi è una ragione, oltre all’aspetto severo, al profumo e al colore cupo, per cui i Cipressi sono sempre stati scelti nei cimiteri. La radice a fittone raggiunge profondità considerevoli e non rischia di provocare dissesti nel sottosuolo: il ramo principale affonda nella terra almeno per la stessa lunghezza con cui l'albero si protende nel cielo, mentre le diramazioni secondarie scendono ancora di più.

La famiglia comprende esemplari anche di notevoli dimensioni, alti fino a 40 metri, con chioma generalmente affusolata, piramidale molto ramificata e rametti cilindrici con numerosissime foglie. Sono alberi sempreverdi con foglie ridotte a squame, strettamente addossate le une alle altre o divaricate all'apice, secondo le specie. Il colore delle foglie è molto scuro nel C. sempervirens, mentre in altre specie è più chiaro o glauco, come nel C. Arizonica.

Detto anche cipresso comune o italico o nero, quest'ultimo si può presentare con due forme di chioma: stretta e colonnare (Pyramidalis) o a fiamma, con una base più espansa (Horizontalis), definiti in gergo anche “cipresso maschio” e “cipresso femmina”, senza che questo corrisponda, però, alla presenza di individui maschili o femminili. Infatti, il Cipresso porta fiori maschili e femminili sulla stessa pianta.

Le infiorescenze maschili sono ovali, di circa 3 mm, di colore giallo brunastro, poste alla fine dei rametti; quelli femminili sono verdi e riunite in piccoli grappoli. I frutti sono piccole sfere, definite dai botanici galbuli legnosi, di forma rotonda o ovale, lunghi fino a 4 cm, ricoperti da 5-8 paia di squame irregolarmente poliedriche, di colore grigio-giallastro e maturano nel corso di due anni passando dal verde al bruno. Sono queste le parti della pianta maggiormente utilizzate in erboristeria.


Proprietà

La diffusione del cipresso avvenne per il pregio del legname, forte e aromatico, del quale si esaltava soprattutto la durata, il profumo e la pregevole fibra.

Il legno non contiene canali resiniferi, è duro e compatto, resistente all’acqua e non viene attaccato dai tarli. Si utilizza per costruire imbarcazioni, mobili e infissi. Le prime porte della basilica di San Pietro vennero costruite proprio con legno di cipresso e forse anche l’arca di Noè.

In Oriente ha un uso specifico nei soffitti delle case e nella componente di legno delle campane eoliche, particolarmente diffuse in Giappone.

Galbuli, foglie e legno vantano molte proprietà officinali poiché contengono tannino, oli essenziali ed altre sostanze attive quali flavonoidi e polifenoli, che denotano effetti sulla microcircolazione ed hanno un’azione antinfiammatoria sui disturbi respiratori.

Dalla corteccia si ricava per distillazione un olio essenziale usato in profumeria. Fin dall'antichità sono note anche l'azione antisettica e antibatterica dell'olio essenziale. Nell'antico Egitto veniva usato per imbalsamare i corpi dei defunti in quanto capace di bloccare la proliferazione dei microbi e quindi il processo di decomposizione.

Di lunga data è la ricetta del vino di cipresso per contrastare le vene varicose: si mettono 10 frutti di cipresso a macerare in 1 lt. di vino bianco secco per un paio di settimane e, una volta filtrato, se ne beve un cucchiaio diluito in acqua, mattina e sera.


Curiosità

Infine, il cipresso è custode di tanti segreti. Provate, sull'imbrunire, a percuotere con un sasso il tronco di cipresso. Potrebbero uscirne tanti piccoli animaletti: ghiri, scoiattoli, uccelli … come se quell’albero fosse un grattacielo naturale, una casa magica, animata di presenze animali e misteriose.

E laddove la chioma si fa più fitta e buia, si possono nascondere, anche di giorno, dei rapaci: la civetta, il gufo, l'allocco e uccelli di tutti i tipi che volano via al minimo sospetto, lasciando spesso nidi con uova.

Le grandi piante di cipresso che sorgono vicine agli abitati talvolta si trovano ad ospitare anche strani oggetti, a volte antichi e rovinati. Infatti, i rami di questa pianta hanno la capacità di trattenere qualsiasi oggetto venga lanciato da terra, spesso senza lasciarlo ricadere nonostante il vento e i lunghi anni.

Quasi tutto ciò che è stato tirato tra i rami o portato dal vento, si ferma, e rimane lì: bastoni, vecchie scarpe, palloni e giocattoli; si narra che dopo la guerra si potevano trovare addirittura armi o munizioni, oggetti nascosti dentro la chioma per essere magari ripresi in seguito.

Un’antica leggenda parla addirittura di anime vaganti che si diceva abitassero dentro i cipressi con un lumino acceso e che di notte spaventavano i passanti chiamandoli per nome o con urli, risate, muggiti: i “Luminelli”.





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